Cosa c’è, oggi, di altrettanto scontato come l’inizio della scuola? Ogni anno, puntuale, accompagnato dai servizi al telegiornale, i reportage, le polemiche, l’immissione in ruolo, il caro-libri, i precari… e ci si abitua – così – a questa scontatezza.
Poi però, improvviso, arriva il “primo giorno di scuola” di Filippo (ed anche dell’Elisa, la mamma maestra). Inevitabilmente realizzo di aver vissuto quest’esperienza del “primo giorno di scuola” già cinque volte; la prima – da protagonista assoluto – quando è toccato a me nel lontano 1972 (solo 40 anni fa, ma “un mondo” fa per quanto l’oggi è diverso da allora), la seconda e la terza – in tempi più recenti – da “attore non-protagonista” quando è toccato a Riccardo ed a Tommaso; la quarta volta (la mia seconda da protagonista) mi ha visto dall’altra parte della cattedra, ed ora è la volta di Filippo, il mio terzogenito.
Così, alla quinta, m’accorgo – guardandolo trepidante mentre prepara la cartella – di quanto sia “centrale” il suo desiderio di conoscere (puro, vero, assolutamente umano e, perciò, di ognuno) e della vertigine che l’accompagna. Un istante dopo l’accorgermi di questo, nasce la domanda: “cosa ne sarà?”
Cosa può rispondere pienamente a questo desiderio infinito (misto al timore ed al tremore che ogni inizio necessariamente genera) custodito nel cuore di ogni figlio – bambino o ragazzo – anche di quello più svogliato o di quei tanti che hanno “maledetto” la scuola per la miriade di compiti che hanno dovuto fare durante le vacanze?
E per sentirmi più tranquillo, per non farmi prendere dalla vertigine, provo a formulare delle risposte…
Sarà forse l’ennesima riforma della scuola frutto dell’ennesimo ministro? Magari insieme ad un bel concorso per avere una graduatoria ed un parco “insegnanti-precari” soddisfacente il prossimo mezzo secolo?
O forse delle belle classi con bei banchi odoranti di nuovo, magari tutte dotate di fiammanti e magiche lim, ognuno col suo iPad, in strutture sicure a prova di qualsiasi evento catastrofico?
O, ancora, un pof pieno di tanti bei propositi e parole altisonanti (solidarietà, tolleranza, cittadinanza…) e programmi all’avanguardia?
Forse potrebbe, anche se ormai in via di estinzione, una famiglia (con un papà ed una mamma), magari attenta all’educazione dei propri figli?
Nulla di tutto ciò, seppur importante e spesso d’aiuto, è capace di rispondere a tanta domanda! (… anche perché, altrimenti, sarebbe da chiedersi “per uno studente di Nairobi o di Salvador Bahia, o per un bambino del Rwanda o della Siria, cosa ne è del loro desiderio?”)
Allora occorre qualcos’altro che riesca a sfidare la paura inevitabile del “lanciarsi” nell’avventura della vita e della conoscenza ed, allo stesso tempo, che possa sostenere il desiderio del cuore