La Primavera del Rinascimento | La scultura e le arti a Firenze 1400-1460

La Primavera del Rinascimento   |   La scultura e le arti a Firenze 1400-1460

a Palazzo Strozzi dal 23 marzo al 18 agosto 2012
ed al Musée du Louvre dal 26 settembre 2013 al 6 gennaio 2014

Fondazione Palazzo Strozzi e Musée du Louvre

Curatori Beatrice Paolozzi Strozzi, Marc Bormand

È appena iniziata, nella bellissima cornice di Palazzo Strozzi, l’imperdibile mostra “La Primavera del Rinascimento. La scultura e le arti a Firenze 1400-1460″. Il visitatore si troverà immerso in quello che è universalmente riconosciuto come  il “miracolo” del Rinascimento a Firenze e sarà guidato, soprattutto attraverso capolavori di scultura – l’arte che per prima se ne è fatta interprete – ad uno sguardo vero e completo, perciò non di parte, su questi anni che hanno completato il ricchissimo percorso artistico medievale ponendo Firenze al centro del mondo.
La mostra non può non partire dalla suggestiva panoramica sulla riscoperta dell’antico, su quegli anni tra il Duecento ed il Trecento durante i quali un piccolo borgo romano, Florentia, molto meno importante di altri centri della Toscana favoriti dal trovarsi sulle principali vie di traffico del medioevo, diventa il proscenio sul quale si affacciano quegli esempi illustri che pongono i semi di questa “primavera”: Nicola e Giovanni Pisano, Arnolfo, Giotto, Tino di Camaino e dei loro successori, che assimilano la ricchezza espressiva ed evocativa dell’arte Gotica (Sezione 1: “L’eredità dei padri”). L’alba di questo periodo artistico coincide con l’inizio del Quattrocento, con le due formelle del Sacrificio di Isacco di Lorenzo Ghiberti e Filippo Brunelleschi per il condorso della la Porta Nord del Battistero (conservate al Museo del Bargello) e con il modello ligneo della Cupola di Brunelleschi (conservata al Museo di Santa Maria del Fiore); opere che costituiscono, aprendolo, il più alto vertice espressivo del primo Rinascimento  e che sono il cuore della seconda sezione della mostra (Sezione 2: “Firenze 1401. L’alba del Rinascimento”). In quegli anni, una serie di congiunture storiche, culturali e politiche, sanciscono la grandezza della Repubblica fiorentina, gli scritti dei grandi umanisti indicano il mito di Firenze come erede della repubblica romana e come modello per gli altri nascenti stati italiani.
La scultura pubblica monumentale, fatta principalmente per i grandi cantieri della città – la Cattedrale, il Campanile, Orsanmichele – a dimostrazione che non è poi così netta quella cesura, marcata e sottolineata dagli storici, tra la fede dell’uomo medievale (di cui Firenze è stata grandiosa esemplificazione) e la ragione dell’umanesimo, presenta i capolavori di Donatello e Ghiberti, di Nanni di Banco e Michelozzo, sono la prima e più alta testimonianza della creazione di un nuovo stile (Sezione 3: “La romanitas civile e cristiana”).

Da queste prime tre sezioni in cui la scultura, in particolare la statuaria, mostra tutta la sua ricchezza e bellezza, scaturirà quella profonda influenza che la stessa esercitò sulla pittura e sulle opere dei massimi interpreti di quegli anni: Masaccio, Paolo Uccello, Andrea del Castagno, Filippo Lippi (Sezione 6: “Pittura scolpita”). Gli studi brunelleschiani sullo spazio “razionale” che portarono all’invenzione disegnata della prospettiva, trovano applicazione e formulazioni avanzate anche nella nella scultura – in particolare, nei bassorilievi e nello “stiacciato” donatelliani, come nella predella del San Giorgio ed il Banchetto di Erode, proveniente dal Museo di Lille – e con le opere di metà Quattrocento di Desiderio da Settignano o di Agostino di Duccio (Sezione 7: “La storia «in prospettiva»”).
Il percorso della mostra affronta anche quei temi significativi dell’antichità classica che, grazie alla scultura donatelliana, divennero parte del linguaggio rinascimentale, continuando a mostrare l’unione tra spirituale ed intellettuale che si respirava nella Firenze quattrocentesca, oltre a mostrare in tutto la sua bellezza la grande capacità creativa ed artistica nelle sezioni 4 (la rielaborazione in ambito religioso della figura classica degli “Spiritelli” e 5 (l’arte che racconta la grandezza del mito dei condottieri (Sezione 4: “Spiritelli fra sacro e profano”; Sezione 5: “La rinascita dei condottieri”).
Nell’ultima parte del percorso impreziosito da alcuni meravigliosi capolavori – come le donatelliane Madonna Pazzi, proveniente dal Bode Museum di Berlino, la Madonna in terracotta policroma, del Louvre, e la Madonna Chellini, proveniente dal Victoria and Albert Museum di Londra; la Madonna Kress, del Ghiberti, dalla National Gallery di Washington, o la Madonna già attribuita al Brunelleschi e qui attribuita a Nanni di Banco, proveniente dal Museo Diocesano di Fiesole – si può ammirare quel fenomeno di moltiplicazione e riproduzione sconfinata di rilievi (in marmo, stucco, terracotta policroma e invetriata, la grande invenzione della famiglia Della Robbia), destinati alla devozione privata, permettendo quel fenomeno importantissimo di diffusione della Bellezza in ogni ambito sociale, tornando a quel concetto medievale per cui la Bellezza è la prima forma di educazione del popolo (Sezione 8: “La diffusione della bellezza”). Ed è proprio in questi stessi anni che Firenze vede il concentrarsi della committenza artistica più prestigiosa, quasi sempre pubblica, in quei luoghi che hanno costituito la ricchezza sociale della città, luoghi di preghiera e di amore verso i bisognosi: le chiese ed i conventi, le confraternite di Misericordia, gli “spedali” (Sezione 9: “Bellezza e carità”).
Verso la metà del Quattrocento i busti marmorei opere di Mino da Fiesole, di Desiderio da Settignano, di Antonio Rosellino, mostrano il passaggio dalla fiorentina libertas, rappresentata dalla committenza pubblica, a quel mecenatismo privato che ha il suo apice nell’egemonia medicea (Sezione 10: “Dalla città al palazzo. I nuovi mecenati”). In questa prospettiva, la mostra – che si apre con l’evocazione della cupola brunelleschiana e del suo essere il segno in cui tutto il popolo si riconosce, definita da Leon Battista Alberti quale “Structura si grande, erta sopra e’ cieli, ampla da coprire chon sua ombra tutti e popoli toscani” – si chiude con quella della più illustre dimora privata del Rinascimento, attraverso il “Modello ligneo di Palazzo Strozzi”.

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